PIC Ragionare prima di partire

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  1. LOCALSURF
     
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    PIC Ragionare prima di partire


    Attira molti l'idea di andarsene fuori per lavoro. Vivere lontano da casa propria e dal proprio Paese, in mezzo a persone che parlano un'altra lingua, confrontarsi con una mentalità diversa, capire come si lavora in un altro Paese, cercare il lavoro dove le condizioni sono più favorevoli, affrontare un'avventura per sfidare la propria timidezza, giovarsi di un ambiente straniero per crescere professionalmente e personalmente oppure semplicemente per guadagnare di più: questi sono alcuni dei motivi che spingono a valutare l'opportunità di oltrepassare i confini nazionali.
    Prima di farsi abbagliare da facili entusiasmi e per evitare di illudersi eccessivamente, è tuttavia indispensabile che ciascuno effettui un'autoanalisi, critica e realistica, rispondendo obiettivamente a molte domande, tra le quali le seguenti.

    L'idea di partire
    . . . è maturata nel tempo o è sorta recentemente parlando con qualcuno o dopo aver letto un articolo interessante?
    In particolare all'inizio non è facile per lo straniero trovarsi a proprio agio in un nuovo contesto culturale e linguistico. Ci sono mille problemi da risolvere e serve tenacia e pazienza. Se la motivazione non è molto forte, esiste il rischio di rinunciare dopo poco tempo e vivere questo fatto come una sconfitta. Più si è riflettuto sull'idea "estero", più preparata è la persona quando parte. E sarà più resistente nel nuovo ambiente per cogliere, passo dopo passo, i frutti della propria pianificazione.


    L'obiettivo dell'esperienza
    . . . è migliorare nel mio ambito consolidando il curriculum oppure mi basta respirare aria diversa per alcuni mesi facendo quello che capita?

    A seconda dell'obiettivo si devono mettere in campo strategie diverse. Voler migliorare il curriculum significa andare a fare formazione oppure proseguire per un periodo significativo l'iter professionale già intrapreso in Italia. Il primo di norma richiede soldi, il secondo una verifica approfondita se il candidato ha le carte in regola circa livello linguistico, riconoscimento del titolo, esperienza richiesta.

    La padronanza linguistica
    . . . è sufficiente per svolgere al meglio la professione che desidero?
    Più è impegnativo l'obiettivo professionale, più deve essere alto il livello di conoscenza della lingua fin dal momento della partenza. Serve realismo nella determinazione della padronanza linguistica. Spesso si sopravvaluta la conoscenza e si affronta uno shock tremendo essendo sul posto. Anche il più bravo ingegnere, infermiere o impiegato si deve accontentare con una mansione molto sotto il livello originario se non riesce di comunicare bene la sua professionalità.

    La formazione e gli studi
    . . . possono competere alla pari con quelli di un lavoratore del Paese di destinazione?
    Questione fondamentale per aver successo all'estero. La mancanza di personale qualificato è presente in molte realtà ma la preparazione del candidato deve soddisfare le richieste del mercato. Questo vuol dire che il contenuto dell'iter formativo fatto in Italia deve essere paragonabile, la durata uguale o simile, il titolo riconosciuto. In caso contrario la strategia di inserimento deve prevedere di acquisire al più presto l'elemento mancante.

    Dispongo di esperienza
    . . . professionale utile ed apprezzabile da un'azienda straniera?
    Spesso non ci rendiamo conto di quante competenze professionali disponiamo veramente. Confrontando le richieste per un determinato posto di lavoro con il proprio bagaglio, capiamo se una candidatura ha o non ha senso. Nei primi anni lavorativi il curriculum italiano è caratterizzato da lavori non inerenti alla formazione, periodi brevi, precarietà. Tante competenze nascoste che devono essere spiegate all'azienda straniera.

    I tempi del mio progetto
    . . . sono ragionevolmente e realisticamente calcolati?
    Il rapporto tra tempi e progetti genera spesso delusione e frustrazione, perché non si dispone di un quadro realistico dei tempi necessari per riuscire nell'impresa che ci si è prefissa. Trovare un lavoro qualsiasi in un paese con un basso tasso di disoccupazione è abbastanza facile. Ma trovare esattamente quel lavoro, che è la continuazione di quello in patria, richiede numerose verifiche, cioè tempo.

    Sono in grado di sostenere
    . . . economicamente un eventuale periodo iniziale senza lavoro?
    Nella maggiore parte dei casi ci si deve recare sul posto per cercare il lavoro. Di conseguenza servono dei soldi per finanziare il periodo senza lavoro. A seconda della professione ci vogliono anche tre mesi prima di iniziare. E il primo stipendio arriva ancora un mese più tardi. Ma alloggio, trasporto e vitto devono essere pagati.

    Accetto di rinunciare
    . . . ad abitudini, amici e comodità, perché nel Paese dove vado sono diversi oppure non ci sono proprio?
    Ognuno deve prepararsi a vivere, almeno all'inizio, in situazioni modeste e a rinunciare a molte comodità. A questo punto si deve essere pronti a resistere, si deve avere fiducia in se stessi e nella possibilità di un miglioramento mediante il proprio impegno. Adattarsi a situazioni nuove con spirito positivo permette di sfruttare questi momenti per la propria maturazione.

    Possiedo informazioni
    . . . contatti, e strumenti idonei a trovare l'impiego desiderato oppure preferisco andare sul posto per esplorare il terreno personalmente?
    Il posto di lavoro all'estero non cade dal cielo. Deve essere conquistato con più fatica e impegno di quelli necessari a trovarlo in patria. Per aver successo devo fare una ricerca a 360 gradi coinvolgendo agenzie, persone che conoscono il paese, siti Internet, ecc. Oltre il 50% dei posti si trovano perché si conosce qualcuno che conosce qualcuno . . . Migliore è la preparazione, più velocemente avviene l'inserimento: non solo partendo da casa con un contratto, ma anche cercando direttamente sul posto.

    Solo se le risposte confermano, senza dubbi, capacità e forte motivazione a partire, allora si può iniziare la vera e propria ricerca del lavoro.

    Innanzitutto, quando ci si candida all'estero, bisogna essere coscienti che la disoccupazione esiste anche lì. Se la media europea del tasso di disoccupazione, per esempio, è del 7% circa, questo vuol dire che ci sono Paesi che ne hanno il 4%, ma anche altri che ne hanno il 13%. Di conseguenza, se in un paese l'inserimento nel mercato del lavoro funziona abbastanza facilmente, in un altro diventa veramente difficile.

    Inoltre è da tener presente che si parte sempre da una posizione svantaggiata, come è quella di uno straniero. È indispensabile essere molto convincenti nella propria presentazione e poi nel colloquio. Si deve dimostrare di avere non solo tutto quello che ha un candidato del posto circa formazione e qualifiche, ma addirittura una marcia in più. Solo così si è in grado di superare la concorrenza spietata.

    Cercare lavoro all'estero implica la disponibilità ad accollarsi spese, anche consistenti, per preparare la candidatura e per sostenere il colloquio sul posto (viaggio, alloggio, vitto). È indispensabile considerare tutti questi aspetti - e anche quelli burocratici come la carta di soggiorno e l'assistenza sanitaria e pensionistica - ed armarsi di grande capacità di resistenza e spirito di adattamento.

    Concepire un curriculum vitae ed impaginarlo secondo gli standard del Paese di destinazione sono abilità imprescindibili per la riuscita della domanda. Allo stesso modo non va sottovalutata l'abilità di gestire il colloquio di lavoro, che richiede un giusto dosaggio di reazione alle domande e di azione mediante proprie domande e proposte.

    Chiariamoci, prima di tutto, le idee, sviluppiamo una visione realistica e applichiamo un approccio mirato.
     
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